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PELLICCE =
ELEGANZA CRIMINALE
Approfondimenti:
Link: AIP (Attacca l'Industria della Pelliccia)
Documento:
Dossier pellice LAV 2003 (rtf)
Documento: Pellicce =
eleganza criminale
PELLICCE ED INSERTI
DI PELLICCIA: UN VIDEO
Chi indossa pellicce ed inserti di pelliccia
dovrebbe come minimo sapere CHI erano prima
i loro capi di abbigliamento, di seguito un video su come
vengono uccisi gli animali non umani per privarli della loro
pelliccia in Cina, il video è il risultato di riprese
segrete fatte da associazioni animaliste.
ATTENZIONE: il video presenta
scene molto crude e violente, se ne sconsiglia la visione
a minori e a persone facilmente influenzabili, Oltre la specie
non si assume nessuna responsabilità su eventuali conseguenze
derivanti dalla visione del video.
Visiona il video (Windows
Media Video - peso 16Mb in streaming)
Download del video compresso (zip
peso: 15Mb)
Per saperne di più:
http://www.furisdead.com/feat/ChineseFurFarms
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di
Francesco Fortinguerra
Delegato Responsabile della Sezione Provinciale di Foggia del Comitato
Europeo Difesa Animali (O.N.L.U.S.) e della Lega per l'Abolizione
della Caccia (O.N.L.U.S.)
Nella
loro vita, gli animali d'allevamento conoscono solo la reclusione
in spazi limitatissimi e sovraffollati. Trascorrono la loro vita in
piccole gabbie sporche con il fondo metallico in rete, sono esposti
forzatamente al freddo, al vento e al gelo per infoltirne il manto.
Sono vittima dei loro stessi simili per fenomeni di cannibalismo e
di aggressività generati dalle allucinanti condizioni di vita.
Vengono uccisi all'età di 7-8 mesi mediante elettrocuzione
anale e vaginale, rottura delle ossa cervicali, asfissia con gas tossici
o soffocamento, sparo di un chiodo nel cervello seguito da dissanguamento.
Occorrono dai 30 ai 60 animali per una sola pelliccia
di visone, dai 180 ai 240 animali per una sola pelliccia di ermellino,
dai 130 ai 200 animali per una sola pelliccia di cincillà,
dalle 10 alle 24 animali per ottenere una sola pelliccia di volpe.
Colpo contundente al muso: si adopera largamente, specie
in Europa. Nel caso del visone per esempio il colpo viene vibrato
con un martello, ovvero meglio ancora con una paletta di ferro, direttamente
verso il muso dell’animale. Se l’operazione è condotta
bene l’animale morrà istantaneamente e senza soffrire.
Questa terrificante descrizione che lascia trasparire cosa possono
passare gli animali “trattati” da “operatori”
inesperti o stanchi, non è riportata da un volantino di animalisti
contrari alle pellicce, bensì dal manuale Animali da pelliccia
di Domenico Scaramella edito una ventina d’anni fa da Edagricole,
ma ancora (purtroppo) valido; questa non è naturalmente l’unica
perla, contenuta nel libro, ve ne presentiamo un’altra:
Rottura delle ossa cervicali: salvo il caso che si operi su animali
in stato di narcosi, questo sistema presenta difetti comuni ad altri,
che determinano una forzata manipolazione della bestia, con conseguenze
spesso imprevedibili, e per l’operatore e per la pelliccia.
Notate la totale disinvoltura con la quale si sorvola sulle conseguenze
per gli animali.
Secondo l’autore “il momento dell’uccisione
conclude le fatiche di un anno di lavoro. Uno stesso animale potrebbe
essere ucciso in diverse maniere, tuttavia per pratica convenienza
alcune tecniche sono preferite ad altre a seconda del tipo di allevamento".
Seguono quindi tutti i vari metodi applicabili.
Per quanto riguarda l’uso di gas (con una bella foto di camera
a gas usata in Norvegia per soffocare gli animali con monossido di
carbonio), si segnala che in alcuni paesi alcuni gas come il cianuro
sono vietati, ma si spiega che con il cianuro un animale del peso
di 10 kg poteva venir ucciso in meno di 45 secondi. Come? Atrocemente.
Le iniezioni - normalmente di stricnina - hanno un grave inconveniente:
per poter iniettare il liquido il soggetto deve essere trattenuto
spesso violentemente, con conseguente danno alla pelliccia. E
in più non si può utilizzarne la carne!
Le scariche elettriche sono un sistema non scevro di inconvenienti:
il pericolo che una scarica di durata maggiore (di 10 secondi)
potrebbe danneggiare e talvolta in maniera gravissima, il mantello
della bestia, bruciandolo. Sarebbe un vero disastro, non trovate?
Il colpo di fucile alla nuca sembra il metodo migliore, inadatto solo
a quei capi che non devono essere commercializzati anche con la testa:
il buco della fucilata permette infatti la fuoriuscita del sangue
per il riutilizzo della carne e dello stesso sangue.
Questa breve galleria degli orrori era pubblicata così ingenuamente
poichè negli anni ottanta la campagna contro le pellicce si
limitava al contrasto dell’uso delle trappole, mentre i pellicciai
dichiaravano di trattare esclusivamente pellicce d’allevamento,
dove gli animali vivevano benissimo; in realtà, gli animali
da pelliccia negli allevamenti intensivi che producono milioni di
capi, stanno ancora peggio di quelli destinati alla macellazione per
l’alimentazione umana; infatti visoni, volpi, ecc. sono animali
che necessitano di ampi spazi per vivere e quindi, costretti in piccole
gabbie, subiscono una vera e propria alienazione psicologica che porta
li porta ai classici comportamenti stereotipati, quali girare furiosamente
nella gabbia, aumentata aggressività e così via.
Dato lo scalpore che aveva ottenuto la diffusione di queste macabre
descrizioni lo stesso Domenico Scaramella, in una pubblicazione successiva
di alcuni anni sull’allevamento della nutria (quella che adesso
è accusata delle più gravi catastrofi) presenta il momento
dell’uccisione in questo modo: l’uccisione dell’animale
è un periodo penoso per molti allevatori (!!!) che
dopo tanto tempo conoscono, quasi ad uno ad uno, i soggetti dell’allevamento.
Lo scandalo degli allevamenti fece molta presa nel Centro –
Nord Europa, tanto che la Germania cedette ben presto all’Italia
il primo posto come consumatrice di pellicce.
Il mercato delle pellicce ha, comunque, subito nel corso degli anni
un rallentamento ad opera di due fattori: da una parte le
battaglie animaliste sono riuscite a sensibilizzare molte donne, specie
le più giovani, dall’altro i produttori hanno
fatto un grave errore nel non considerare che la pelliccia, nell’immaginario
collettivo, costituiva un vero e proprio status symbol (una specie
di “principe azzurro” per le donne con problemi di insoddisfazione
personale: non a caso, le donne più impellicciate d’Italia
erano le insegnanti che - come sappiamo tutti - svolgono una professione
divenuta nel tempo sempre più ingrata) e che il lancio sul
mercato di pellicce fatte con animali, quali il castorino, o con le
code di visoni, permettendo a tutti di ottenere questo distintivo
di “classe”, ne avrebbero paradossalmente ridotto l’interesse.
In questo modo, con l’avvento della pelliccia per tutti si è
sviluppata una sorta di disaffezione per un capo di abbigliamento
crudele e facilmente sostituibile. Ovviamente, resta invece sempre
fiorente il mercato di gran lusso, cioè quel mercato di cimiteri
ambulanti che costano molte migliaia di Euro e che quindi possono
essere ancora considerati una specie di lasciapassare per i grandi
eventi (dalla prima alla Scala, al ricevimento dal Prefetto).
Resta anche fiorente il mercato della pelliccia da infilare ovunque,
soprattutto nelle guarnizioni e da piazzare alle generazioni più
giovani, abbinandole ad esempio al tessuto dei jeans, tosata e colorata
fino a renderla irriconoscibile. Insomma anche da noi è finito
da parecchio il tempo della continua espansione del mercato della
pelliccia, anche se la lotta a questo capo intriso di crudeltà
non deve assolutamente diminuire d’intensità; è
infatti ancora molto lontana la fine delle atrocità associate
alla produzione delle pelliccie, anche perché a fronte di una
tendenziale flessione dei mercati americani ed europei vi è
una crescita dei mercati emergenti (dalla Russia all’Estremo
Oriente) dove probabilmente si ripeterà quanto è già
accaduto da noi. Non acquistare, non regalare, non indossare
pellicce e prodotti in pelle. Francesco
Fortinguerra |
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