Dopo essere stati esclusi per millenni dal nostro orizzonte culturale in quell’operazione che ha permesso all’uomo di innalzarsi al di sopra del resto del vivente ed ora che stanno per scomparire anche materialmente dal nostro mondo, gli animali sono tornati ad occupare il nostro immaginario. Immaginario che, però, continua a vederli solo strumentalmente per meglio raggiungere i fini dell’uomo: suppellettili graziose per mantenere la biodiversità e la bellezza del nostro ambiente, oggetti di un amore distorto per abbellire le nostre case e le nostre vite, corpi da esibire per una facile e stucchevole spettacolarizzazione o per l’abuso pubblicitario.
Il libro Nell’albergo di Adamo, a cura di Massimo Filippi e Filippo Trasatti, vuol invece cercare di riflettere (e far riflettere) più a fondo sul significato che i non umani hanno sul modo in cui l’umano si concepisce e sulle conseguenze quotidiane che la questione animale comporta per miliardi di animali e per la struttura della nostra società, per il nostro modo di vivere, di comunicare e di pensare la vita in comune nel mondo.
A partire da una folgorante metafora di Adorno, che descrive la parabola violenta che ci ha portato qui dove siamo, sull’orlo di una catastrofe sociale, morale ed ecologica inaudita, i 12 saggi qui raccolti, scritti da studiosi che già si riconoscono nell’ambito del movimento animalista militante, sia da accademici che hanno cominciato a intravedere l’impensato disconoscimento dell’animale nella nostra cultura, rappresentano un corpo-a-corpo con la filosofia continentale (da Heidegger a Derrida, fa Deleuze a Girard, da Marx ai francofortesi, da Lévinas a Haraway) al fine di far emergere il ruolo ontologico giocato dalla negazione degli animali e dell’animalità nella costruzione del nostro attuale “essere-sopra-il-mondo” con tutte le conseguenze materiali che tale ideologia del dominio ha comportato e continua a comportare. Da questa riflessione teorica è auspicabile la nascita di una nuova filosofia dell’animalità e di una più rigorosa fondazione delle prassi di liberazione del non umano e della natura e, quindi, dell’umano. |