Introduzione
Negli ultimi anni il movimento animalista radicale ha fatto notevoli
passi nella comprensione dell’atavico e distorto rapporto che lega
gli umani agli altri animali. Inoltre, ha intuito quanto da sempre è
rimasto – e continua a rimanere – oscuro ad altre ideologie e visioni
del mondo: tutte le contraddizioni vissute dall’umanità – i conflitti tra
i sessi, le classi, le etnie, gli umani e l’ambiente – hanno una possibile
radice proprio in quel momento lontano in cui la specieHomo Sapiens si è separata dalle altre specie animali, tramite lo sviluppo di
pratiche tese al controllo totale dei loro cicli vitali.
Oggi la “questione animale” sta assumendo connotati nuovi. Gli
altri esseri cessano di essere “cose messe a disposizione degli
umani” da trattare bene (come affermano gli zoofili). Non sono più
nemmeno esseri sensibili da difendere alleviandone le sofferenze senza, però, mettere in discussione il loro status, quasi si trattasse di una condizione ineluttabile (come pensano i protezionisti). Il moderno animalismo radicale restituisce agli altri animali la dignità di esseri sensibili il cui corpo, in quanto in grado di provare piacere e dolore, possiede dei diritti inscritti nella sua stessa costituzione biologica. Queste nuove tendenze introducono prepotentemente nel lessico animalista due termini fondamentali, “abolizionismo” e “liberazionismo”, che si distinguono soltanto per una sottile sfumatura.
Il termine “abolizionismo” fa discendere il riconoscimento della
natura animale e dei conseguenti diritti da uno sforzo interno allasocietà e alle sue istituzioni. Pur riconoscendo le notevoli differenze
tra forze che insistono per promuovere l’idea di una assoluta centralità
dell’uomo e altre che la combattono, l’“abolizionismo” si immagina
che la dialettica – anche molto aspra – dei diversi soggetti sociali,
condurrà ad una crescita di civiltà e al tanto atteso riconoscimento
dei diritti degli altri animali. Il “liberazionismo”, più critico rispetto
all’“abolizionismo” circa la presunta capacità della società di
autocorreggersi, sottintende che l’obiettivo può essere raggiunto
solo conducendo una dura battaglia con le forze di una tradizione
giudicata sostanzialmente irriformabile.
Indipendentemente da argomenti ancora soggetti a valutazioni e
approfondimenti, sia “abolizionismo” che “liberazionismo” ci dicono
cosa fare, ma non perché farlo. Entrambi hanno necessità di un fondamento
razionale che giustifichi la legittimità etica delle loro richieste.
Tale fondamento ha trovato espressione in un neologismo, una
parola ancora sconosciuta ai vocabolari: “antispecismo”.
“Antispecismo” è un termine chiave nell’ambiente animalista radicale
e riassume in sé le motivazioni morali che giustificano l’abolizione
dello sfruttamento degli animali da parte delle istituzioni economiche
e il riconoscimento dei loro diritti da parte delle istituzioni
politiche. Questo opuscolo prodotto dall’associazione Oltre la specie è stato realizzato per offrire al lettore digiuno di tematiche animaliste
le ragioni dell’antispecismo. Lo scopo è quello di familiarizzarlocon concetti e idee che sono minoritarie nella nostra società e che
vengono tenute ben lontane dall’attenzione generale per il carattere
rivoluzionario che posseggono. Una società ricostruita dal punto di
vista antispecista costituirebbe la più grande rivoluzione possibile in
quanto sancirebbe il passaggio dalla preistoria in cui ancora viviamo,
quella del sangue e della violenza, alla vera storia, quella della pace
e della solidarietà.
L’opuscolo contiene una serie di articoli che affrontano la natura
dell’antispecismo da punti visuali diversi. Il primo articolo, Lo Specismo
e il suo contrario, circoscrive la natura di quella cosa che è
contemporaneamente forma mentis e comportamento materiale: lo
specismo. Solo chiarendo le caratteristiche di una visione consolidata
nei millenni è possibile immaginare l’alternativa alla paralizzante
normalità che impedisce di vedere oltre l’orizzonte della tradizione.
Il secondo, Storia dell’animalismo, illustra i passaggi storici che, a
partire dalle prime riflessioni moderne sugli animali e sulla loro condizione,
hanno portato all’attuale approccio antispecista. L’articolo
che segue, Mettiamola in politica, mette a fuoco i primi passi che
sembrano necessari affinché il movimento antispecista possa marcare
la sua presenza nella società, obiettivo parziale ancora lontano
dall’esser realizzato, ma difficilmente eludibile. Se la conquista di
visibilità da parte del movimento implica una serie di difficoltà reali
legate agli ostacoli frapposti dalla società – basti pensare al fuoco
di sbarramento dei media che impediscono la percezione pubblica dell’esistenza di questa nuova realtà – il singolo cittadino può cominciare
ad introdurre in essa i semi dell’antispecismo attraverso
uno stile di vita personale che diventerebbe norma collettivamente
interiorizzata in una società rinnovata. Come entrare in questa logica è descritto nel brano La rivoluzione che parte dal piatto, che illustra
come abbracciare il veganismo, ovvero uno stile di vita basato
sull’utilizzo di prodotti che non prevedono alcun tipo di sfruttamento
animale. Naturalmente un individuo che decide di diventare vegano
dovrà scontrarsi con obiezioni stereotipate grazie alle quali i resistenti si trincerano dietro le abitudini a cui sono stati costretti fin dalla
nascita dal modello culturale specista. I muri mentali descrive le
principali e più comuni di queste obiezioni mettendone in evidenza il
carattere strumentale e, nello stesso tempo, l’intrinseca debolezza. Il
linguaggio non è neutro sollecita una riflessione su quel poderoso
strumento di cui lo specismo si serve per colonizzare l’immaginario
delle persone e rivestirsi di “normalità”.
Gli ultimi tre scritti, Stiamo dando i numeri!, Empatia, Uomo
e natura hanno la funzione di approfondimento di alcuni dei temi
considerati nei contributi precedenti. Sappiamo che gran parte
della resistenza che le persone manifestano contro l’antispecismo
dipende dall’errata convinzione che la liberazione degli animali dalle
tradizionali forme di dominio si tradurrebbe in svantaggi personali in
termini di rinunce alimentari, ludiche o di altra natura. Gli articoli in
questione hanno proprio lo scopo di abbattere queste false convinzioni dimostrando come la rivoluzione antispecista si tradurrebbe in
una vittoria che accomunerebbe sia gli umani che gli altri animali.
La modifica delle loro relazioni non produrrebbe infatti un gioco a
somma zero; al contrario, le ricadute positive della liberazione animale
sull’umanità sarebbero enormi. I tre articoli finali descrivono
queste influenze positive: il primo sull’ambiente e sulla soluzione
dell’eterno problema della fame e della carenza di risorse; il secondo
sul benessere interiore di individui che, imparando a relazionarsi con
l’altro da sé in maniera empatica, sarebbero in grado di superare le
angosce più profonde che attanagliano la nostra specie; il terzo sul
superamento di quell’antica frattura che, separando l’umano dalla
natura, ha imposto all’umanità un percorso distorto e portatore di
grandi sofferenze.
Naturalmente i temi trattati sono suscettibili di ulteriori approfondimenti.
La letteratura antispecista sta vivendo un momento di grande
espansione che testimonia la vitalità di questa nuova visione del
mondo. Il lettore troverà qui anche una bibliografia ragionata che
potrà aiutarlo a investigare in profondità le idee dell’antispecismo.
Confidiamo di aver offerto gli argomenti appropriati perché il lettore
si senta spronato ad appoggiare personalmente quel grande processo
di rinnovamento che auspichiamo e che è nel contempo spirituale
e materiale, etico ed economico. |